
Ma Lazio - Juve è stata un'occasione sprecata o l'ultimo punto conquistato dai gobbi?
Spompati!!!
E fortuna che hanno recuperato Buffon, Treseghe etc, etc, etc...
Ho pregato Gesù che Allah non comprasse Kakà. Mi ha ascoltato. Roberto da bergamo |
roberto |
bergamo |
Molto bello e molto religioso. Ciao. |
Lunedì, 12 Gennaio 09, 11:15 M.
DIRITTO: 3
Lo studente non ha recepito alcuni concetti chiave ribaditi più volte nel corso dell'anno scolastico, primo fra tutti l'indipendenza della giustizia sportiva da quella ordinaria. Lo studente non ha in particolare compreso che l'art. 1 del codice di giustizia sportiva prevede la condanna in caso di violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, e che una condanna a livello sportivo non viene inficiata da eventuali assoluzioni in un processo penale, per il quale necessitano prove inconfutabili della commissione di reati. Dare schede SIM straniere agli arbitri per non essere intercettati potrà non essere di per sé un reato, ma certamente viola l'art. 1 e/o l'art. 6 del codice di giustizia sportiva. Lo studente ha poi recepito come vere dichiarazioni erronee (e sconsigliate dall'insegnante) del tipo “Quella sportiva è stata costretta a prendere decisioni in un tempo breve, quando c'era anche una campagna negativa nei confronti della Juve, tanto amata ma anche tanto odiata. Alla conclusione del processo penale - ha aggiunto - se gli imputati saranno assolti, sarà difficile tornare indietro e farci ridare quello che la giustizia ci ha tolto, ma lo diremo ad alta voce. Il passato però è passato, deve servirci solo per fare meglio nel futuro” che, nonostante siano precedute da un lodevole “La giustizia sportiva è una cosa, quella penale un'altra” sbagliano nel ritenere il fattore tempo (e non la differenza dei due ordinamenti) come causa della condanna sportiva a fronte di un'eventuale assoluzione penale.
Lo studente poi non ha compreso che una condanna più lieve rispetto alle richieste del PM non è un'assoluzione, che se un soggetto fosse assolto per un processo penale non solo non deve essere assolto per forza dal diritto sportivo, figurarsi se stiamo parlando di processi diversi (processo di Calciopoli sportivo paragonato al processo GEA penale). Pertanto l'alunno ha dimostrato un'impreparazione che, sebbene condivisa da buona parte della classe, è frutto di scarso studio e di letture di fonti alternative ai libri di testo, del tutto inattendibili e faziose, sconsigliate a inizio anno.
STORIA: 2
Lo studente ha fatto scena muta nella maggior parte delle interrogazioni avvenute nel corso dell'A.S., in particolare non ha risposto alle seguenti domande fondamentali nel corso di storia nera del calcio italiano (tra parentesi le risposte):
-Perché nel 1974 il Verona è stato retrocesso dalla giustizia sportiva in Serie B? (perché il suo presidente aveva mentito, negando una telefonata avvenuta con l'ex attaccante del Verona in forza al Napoli, Clerici, e solo in un secondo tempo confessando che la telefonata ci fu. La punizione avvenne nonostante non fu mai provato che lo scopo della telefonata fosse quello di corrompere il giocatore affinché non si impegnasse contro la sua ex squadra. Nessun processo penale fu mai avviato)
-Perché, sempre nel 1974, il Foggia fu penalizzato di 6 punti? (Per avere semplicemente regalato 3 orologi alla terna arbitrale prima di Foggia-Milan, ma senza avere chiesto ad arbitro e assistenti di determinare il risultato della partita stessa a favore del Foggia. La cosa di per sé non aveva nemmeno rilevanza penale)
-Cosa accadde il 22 dicembre 1980? (Il giudice penale, complice il vuoto normativo sulla frode sportiva, assolse tutti gli indagati del famosissimo scandalo del Calcioscommesse “perché il fatto non sussiste”, ma nessuno si sognò mai di chiedere la cancellazione delle pesanti condanne sportive inflitte a Milan, Lazio, Bologna, Avellino, Perugia, Palermo, Taranto e ai tanti giocatori, famosissimi, tra cui nazionali come Paolo Rossi, Giordano e Manfredonia. Anzi, l'opinione pubblica di allora protestò indignatissima contro le assoluzioni penali, non contro le condanne sportive)
MATEMATICA: 2
Lo studente ha per tutto il corso dell'anno dimostrato di non sapere effettuare normali sottrazioni.
Riportiamo in calce l'ultimo commpito in classe nel quale ha così risolto questa semplice sottrazione: 29-2=29
e addirittura, su suggerimento dalla zia Alex e dal nonno Rutto Sporc il giorno 12 gennaio 2009, 29-2=30
CONDOTTA: 0
Lo studente ha spesso, durante il corso dell'anno scolastico, interrotto le lezioni per contestare le spiegazioni dell'insegnante, brandendo organi di stampa dalla testata contraddistinta da un eloquente color marrone come prova delle sue dichiarazioni, nonostante la testata medesima fosse stata bandita dai libri di testo ufficiali in quanto troppo faziosa e irrealistica a livello di una fiction (addirittura qualche mattina fa brandiva una stampata su foglio A4 di un blog di sedicente giornalista con sopra scritto “Assolti i Moggi” il giorno dopo la condanna dei Moggi stessi). Lo studente ha poi, con la schiuma alla bocca, cercato di proferire parole dal significato chiaramente satanista (guidorossitronchettilpassaportodi recoba) con il tentativo di fare la macumba agli insegnanti, e ha minacciato ulteriori atti teppistici in classe nel caso in cui nei futuri processi penali i suoi riferimenti culturali venissero assolti, o anche condannati a pene più lievi di quelle chieste dal PM. In conclusione, lo studente al di là dei chiari insuccessi scolastici, si è contradistinto per arrgoganza, violenza verbale e minacce, pertanto ne richiediamo l'affidamento ai servizi sociali, oltre ovviamente alla ripetizione dell'anno sportivo.
Nel giugno 2001 Davide Baiocco è un calciatore inquieto. Gioca nel Perugia, quella appena conclusa è stata la sua migliore stagione. Vuole Inter o Juve. All'età di 26 anni, dopo una lunga gavetta spesa tra Gubbio, Fano, Siena e Viterbo, sente di averne diritto. Le luci della ribalta e i soldi che ne conseguono, ora o mai più. Il suo agente Giovanni Allegrini ci prova. Ma a gennaio il presidente del Perugia dice al suo centrocampista che senza un cambio di procuratore non va da nessuna parte, non fa carriera. «Il suo passaggio alla Juve fu trattato direttamente dal Perugia, io non ebbi alcuna possibilità di parlare con i due club», ricorda Allegrini. Il 21 dicembre del 2001 invia un fax al calciatore per dirgli che l'operazione è comunque fatta. Il giorno dopo viene ricompensato con la revoca del mandato. Il 31 gennaio 2002 Baiocco firma l'agognato contratto con la Juve. Il 12 giugno dello stesso anno affida la procura alla Gea di Moggi padre e figlio. Negherà sempre, negli interrogatori del 2006 e poi l'anno scorso in aula, che nelle sue decisioni professionali sia esistito il rapporto di causa ed effetto che i magistrati consideravano invece evidente.
UN CASO CHE FA SCUOLA - Dice Luca Palamara che quello di Baiocco è un caso di scuola. «L'interferenza della Gea è palese, ma il giocatore non prova alcun interesse a confermare di aver ricevuto pressioni. È inserito in un mondo ricco, un villaggio che segue solo le sue regole. Non ha alcuna convenienza, non se lo può permettere. Il vero tema di questo processo è stata la coartazione della loro libertà, il restringimento del libero arbitrio». Giornata difficile, per il magistrato del processo Gea. La famiglia Moggi è stata tecnicamente condannata. Ma per minacce private, quando invece tutto il dibattimento, il primo della cosiddetta Calciopoli che arriva a sentenza, si giocava sulla tesi dell'esistenza di una associazione a delinquere che controllava il mercato.
OMERTÀ - Il bicchiere molto più che mezzo vuoto sarebbe dovuto alla conclamata omertà dei calciatori. «Da loro non è venuto nessun aiuto all'accertamento dei fatti. C'è da capirli, fanno i loro interessi, anche se il principio di legalità dovrebbe valere per tutti. La nostra costruzione giuridica presupponeva l'assenza del loro contributo». L'ultima frase deve far parte del repertorio da dopo sentenza. Perché una mano da parte dei nostri campioni in realtà sarebbe stata tutt'altro che sgradita. Invece, zero, niente, il nulla. Non c'ero, e se c'ero dormivo, ad ennesima riprova del curioso stato catatonico che si impossessa degli eroi da stadio una volta entrati in un'aula di tribunale. Che si tratti di doping fisico o amministrativo, lo sguardo perso nel vuoto è d'obbligo, come lo smoking alle serate di gala. Durante il dibattimento, la gara dei calciatori a smorzare i toni delle loro precedenti dichiarazioni è stata piuttosto combattuta. Lo zelo di Emanuele Blasi, il vincitore indiscusso, è risultato persino eccessivo. Nelle intercettazioni che lo riguardano, al telefono con il suo procuratore Stefano Antonelli urlava contro «i pezzi di m...» della Gea che a suo dire lo stavano obbligando ad entrare nella loro scuderia, cosa poi avvenuta. In aula, il centrocampista del Napoli afferma che le pressioni da lui denunciate in realtà erano una sua sagace invenzione «per levarmi di torno il mio procuratore che non riusciva a farmi avere un adeguamento di contratto con la Juve, la mia squadra dell'epoca».
FALSA TESTIMONIANZA - Indagato per falsa testimonianza. Il 15 maggio 2006 Fabio Gatti, altro giocatore del Perugia e presunto teste chiave, dichiara agli ufficiali della Guardia di Finanza: «Gaucci mi disse se ci tenevo a fare carriera era opportuno dare mandato alla Gea». Davanti al giudice sfuma, edulcora: «Si tratta di mie scelte autonome». Nel luglio 2008 si presenta la Juventus al gran completo, convocata dagli avvocati della difesa. Compatta, corta e umile come in questa fase del campionato. Gianluigi Buffon: «Mai ricevuto minacce da Moggi ». Alessandro Del Piero, il più fotografato in tribunale, così riferiscono le agenzie di stampa, con cappello modello Borsalino: «Mai avuto pressioni da Moggi». E poi Pavel Nedved, Ciro Ferrara, Nicola Legrottaglie. L'unico calciatore a segnare un gol per l'accusa è stato Salvatore Fresi, ex centrale difensivo di Bologna, Inter, Juventus. «I signori Alessandro Moggi e Pasquale Gallo mi hanno sottoposto a continue minacce dicendomi a un certo punto che se non andavo via dalla Juventus sarei andato ad allenarmi in montagna dalla mattina alla sera. Sono stato quindi costretto ad andare a giocare nel Perugia, trasferimento da me non voluto». Riletto, confermato e sottoscritto in aula. Ogni villaggio ha il suo matto.
Che dire di più? Solo che la GEA non costituiva un'associazione a delinquere...
W l'Italia