9 gennaio 2009

OMERTA' MOGGIESCA


Copioincollo da corriere.it
Chissà cosa ne pensa Cannavaro, certi articoli danno un'immagine negativa dell'Italia...

Il pm: «Quanti silenzi, i calciatori
fanno i loro interessi»

Secondo l'accusa molti giocatori durante gli interrogatori non hanno confermato di aver subito pressioni

Nel giugno 2001 Davide Baiocco è un calciatore inquieto. Gioca nel Perugia, quella appena conclusa è stata la sua migliore stagione. Vuole Inter o Juve. All'età di 26 anni, dopo una lunga gavetta spesa tra Gubbio, Fano, Siena e Viterbo, sente di averne diritto. Le luci della ribalta e i soldi che ne conseguono, ora o mai più. Il suo agente Giovanni Allegrini ci prova. Ma a gennaio il presidente del Perugia dice al suo centrocampista che senza un cambio di procuratore non va da nessuna parte, non fa carriera. «Il suo passaggio alla Juve fu trattato direttamente dal Perugia, io non ebbi alcuna possibilità di parlare con i due club», ricorda Allegrini. Il 21 dicembre del 2001 invia un fax al calciatore per dirgli che l'operazione è comunque fatta. Il giorno dopo viene ricompensato con la revoca del mandato. Il 31 gennaio 2002 Baiocco firma l'agognato contratto con la Juve. Il 12 giugno dello stesso anno affida la procura alla Gea di Moggi padre e figlio. Negherà sempre, negli interrogatori del 2006 e poi l'anno scorso in aula, che nelle sue decisioni professionali sia esistito il rapporto di causa ed effetto che i magistrati consideravano invece evidente.

UN CASO CHE FA SCUOLA - Dice Luca Palamara che quello di Baiocco è un caso di scuola. «L'interferenza della Gea è palese, ma il giocatore non prova alcun interesse a confermare di aver ricevuto pressioni. È inserito in un mondo ricco, un villaggio che segue solo le sue regole. Non ha alcuna convenienza, non se lo può permettere. Il vero tema di questo processo è stata la coartazione della loro libertà, il restringimento del libero arbitrio». Giornata difficile, per il magistrato del processo Gea. La famiglia Moggi è stata tecnicamente condannata. Ma per minacce private, quando invece tutto il dibattimento, il primo della cosiddetta Calciopoli che arriva a sentenza, si giocava sulla tesi dell'esistenza di una associazione a delinquere che controllava il mercato.

OMERTÀ - Il bicchiere molto più che mezzo vuoto sarebbe dovuto alla conclamata omertà dei calciatori. «Da loro non è venuto nessun aiuto all'accertamento dei fatti. C'è da capirli, fanno i loro interessi, anche se il principio di legalità dovrebbe valere per tutti. La nostra costruzione giuridica presupponeva l'assenza del loro contributo». L'ultima frase deve far parte del repertorio da dopo sentenza. Perché una mano da parte dei nostri campioni in realtà sarebbe stata tutt'altro che sgradita. Invece, zero, niente, il nulla. Non c'ero, e se c'ero dormivo, ad ennesima riprova del curioso stato catatonico che si impossessa degli eroi da stadio una volta entrati in un'aula di tribunale. Che si tratti di doping fisico o amministrativo, lo sguardo perso nel vuoto è d'obbligo, come lo smoking alle serate di gala. Durante il dibattimento, la gara dei calciatori a smorzare i toni delle loro precedenti dichiarazioni è stata piuttosto combattuta. Lo zelo di Emanuele Blasi, il vincitore indiscusso, è risultato persino eccessivo. Nelle intercettazioni che lo riguardano, al telefono con il suo procuratore Stefano Antonelli urlava contro «i pezzi di m...» della Gea che a suo dire lo stavano obbligando ad entrare nella loro scuderia, cosa poi avvenuta. In aula, il centrocampista del Napoli afferma che le pressioni da lui denunciate in realtà erano una sua sagace invenzione «per levarmi di torno il mio procuratore che non riusciva a farmi avere un adeguamento di contratto con la Juve, la mia squadra dell'epoca».

FALSA TESTIMONIANZA - Indagato per falsa testimonianza. Il 15 maggio 2006 Fabio Gatti, altro giocatore del Perugia e presunto teste chiave, dichiara agli ufficiali della Guardia di Finanza: «Gaucci mi disse se ci tenevo a fare carriera era opportuno dare mandato alla Gea». Davanti al giudice sfuma, edulcora: «Si tratta di mie scelte autonome». Nel luglio 2008 si presenta la Juventus al gran completo, convocata dagli avvocati della difesa. Compatta, corta e umile come in questa fase del campionato. Gianluigi Buffon: «Mai ricevuto minacce da Moggi ». Alessandro Del Piero, il più fotografato in tribunale, così riferiscono le agenzie di stampa, con cappello modello Borsalino: «Mai avuto pressioni da Moggi». E poi Pavel Nedved, Ciro Ferrara, Nicola Legrottaglie. L'unico calciatore a segnare un gol per l'accusa è stato Salvatore Fresi, ex centrale difensivo di Bologna, Inter, Juventus. «I signori Alessandro Moggi e Pasquale Gallo mi hanno sottoposto a continue minacce dicendomi a un certo punto che se non andavo via dalla Juventus sarei andato ad allenarmi in montagna dalla mattina alla sera. Sono stato quindi costretto ad andare a giocare nel Perugia, trasferimento da me non voluto». Riletto, confermato e sottoscritto in aula. Ogni villaggio ha il suo matto.


Che dire di più? Solo che la GEA non costituiva un'associazione a delinquere...

W l'Italia

2 commenti:

Entius ha detto...

Mio caro Daddy, siamo in Italia. Non dimenticarlo...

Anonimo ha detto...

E' l'ipocrisia di chi ammette le proprie colpe (la Juve per evitare la C) per poi denunciare l'operato dei giudici sportivi che mi fa venire la nausea.
Sono senza vergogna!