11 gennaio 2007

IL DIABETE



I giorni, solitamente, filano via uno identico all’altro. Abituati ormai a confondere la normalità con l’eccezione e vi­ceversa, in un mondo sempre più chiassoso ed esagerato, sono esclusivamente gli avvenimenti gonfi quasi fino a scoppiare, nel bene come nel male, a smuove­re la nostra indifferenza e a far­ci provare qualche brivido inu­suale. Eppure dovrebbero pro­prio essere le piccole cose, so­prattutto quelle figlie di cuori sensibili e di immaginazione fertile, a farci sentire presenti e partecipi piuttosto che freddi numeri da piazzare uno dietro l’altro senza uno scopo. Il gioco del calcio, figlio primogenito del cuore e dell’immaginazione, dovrebbe servire anche a que­sto. Invece pare che in assenza della “bomba” di mercato o di gossip anche i giorni del pallone siano destinati a filare via uno dietro l’altro come un noiosissi­mo refrain. Eppure basterebbe osservare con maggiore atten­zione e vedere, per esempio, co­me e in che modo la vecchia Ju­ventus sia in grado di proporre modelli ispirati ad un calcio senza età e per questo mai ba­nale. Anche nel ritrovamento di canoni che sembravano perdu­ti. Piccoli miracoli che ci fanno sentire sani.Ieri, ad esempio, nel cielo sopra Torino un prodigio deve essersi realizzato e, in qualche modo, lo hanno notato gli uomini del Palazzo bianconero che, poi, so­no anche coloro i quali gestisco­no l’Ifil intesa per cassaforte de­gli Agnelli. Sicché, come i re ma­gi dell’epifanico viaggio, l’inte­ro staff juventino guidato dal principe John Elkann si è mes­so in marcia per raggiungere il “presepe” dove, quotidiana­mente, si ritrovano i giocatori bianconeri e la sua gente tifosa. Questo accadeva più o meno nello stesso momento in cui, a Firenze, l’altro principe Lapo Elkann ci confidava certi picco­li segreti di una memorabile se­rata vissuta, tra gli altri, in com­pagnia di quel Gigi Buffon che ha ormai ottime ragioni per po­ter dire di essere stato “adotta­to” dalla Famiglia e, quindi, dalla Juventus.Il popolo bianconero, fin qui in­giustificatamente diffidente nei confronti di una dirigenza rite­nuta morbida soltanto perché imparagonabile a quella canni­balesca del passato, aspettava un segnale. Idem gli “indecisi” della serie parto-non-parto. Voilà, tutti accontentati in un colpo solo. Eccolo il segnale, for­te e puntuale, lanciato dall’in­tera dirigenza e dalla stessa pro­prietà attraverso la presenza fi­sica sul posto di lavoro. Un’e­sposizione, per il momento ideologica e a seguire finanzia­ria, che tra le altre cose consen­te di celebrare con grande gioia la riscoperta quasi archeologica di una preziosità tanto antica quanto mortificata nell’ultimo decennio. La famosa “classe Ju­ventus” che era stata sacrifica­ta sull’altare di uno “stile Ju­ventus” spesso insopportabile. Non è vero che c’è mai nulla di nuovo sotto il sole.

Marco Bernardini. TUTTOSPORT

Mi permetto di segnalarvi questo nome, Marco Bernardini.
Il suo articolo, l’editoriale odierno di Tuttosport, mi ha lasciato senza fiato.
Mai lette tante troiate tutte insieme!

Mi è salito il diabete…

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