12 gennaio 2007

Padovan, sua mamma, la furia iconoclasta, l'Inter e la Nike


Allego, come da consuetudine, l'editoriale odierno di Tuttosport.


Le persone che più mi sono vicine e più mi vogliono be­ne (compresa naturalmente mia madre) mi hanno po­sto di fronte ad un problema di coscienza: sarei troppo cattivo nei confronti dell’Inter e di Roberto Mancini. An­zi, qualcuno che stimo infinitamente, mi ha scritto che verso l’una (l’Inter) uso una furia iconoclasta e verso l’al­tro (Mancini) un’ira che si perde negli anni. Sono parole – incluse quelle materne – che mi hanno sinceramente toccato. Comunque, se davvero è stato così, non mi resta che chiedere scusa e di promettere che d’ora in avanti cercherò di fare il giornalista e il direttore in maniera più fredda.Mentre mi chiedevo dove reperire la maggiore freddezza possibile mi è venuto in soccorso Il Sole 24- Ore. Cosa c’è di più freddo dei numeri? Per definizione, nulla, specie se si affrontano argomenti delicati come i bilanci. Infatti, proprio il più importante quotidiano di economia e fi­nanza, in edicola mercoledì, a pagina 21 riportava una ci­fra mirabolante (181,5 milioni di euro) accostata, guar­dacaso, all’Inter e al deficit al 30 giugno 2006. Ripeto, per una migliore comprensione delle dimensioni del pas­sivo: 181,5 milioni di euro, primato assoluto e incontra­stabile tra le società di calcio italiane.«Il precedente record negativo – spiega il pezzo di Gian­ni Dragoni – era del Parma di Calisto Tanzi nel 2002­ 2003, finito in amministrazione straordinaria con 167,3 milioni di passivo». Quelle de Il Sole 24-Ore sono infor­mazioni preziose e inequivocabili che introducono un’in­chiesta sui bilanci dei club di calcio. Se ne annunciano del­le belle perché si tratta – scrive ancora Dragoni – di «con­ti sempre traballanti, nonostante vengano partoriti nuo­vi artifici contabili». L’ultimo (o il penultimo) riguarda la rivalutazione e la cessione del marchio sul quale sarebbe opportuno aprire un’inchiesta sportiva di tipo ammini-s­trativo, visto che si tratta di «operazioni in famiglia»: ov­vero la cessione a se stessi. Mi domando: quanto questa attività è lecita, quanto è puramente formale e, soprat­tutto, quanto conduce a plusvalenze fasulle?La risposta, naturalmente, non può venire dall’Inter, né dai club che al pari dell’Inter si sono comportati. Do­vrebbe discendere, piuttosto, dagli organi di controllo della Federcalcio i quali, per prima cosa, avrebbero il do­vere di leggere le eccezioni sollevate in proposito dai re­visori della Kpmg. Essi «hanno storto il naso, con richia­mi o eccezioni su questa e altre voci del bilancio di Mo­ratti » (lo scrive sempre Dragoni).C’era una volta il doping amministrativo. C’era una vol­ta qualcuno che, indebitandosi oltre ogni limite, è saltato per aria. C’è adesso un club che, nonostante un passivo di 350 miliardi di vecchie lire, è primo in classifica e a tut­ti sembra normale, perché – vox populi – Moratti è ricco e può spendere quanto gli pare.Con la freddezza di cui dispongo, mi domando: stanno cambiando i tempi, i numeri o il modo di raccontare un calcio straordinariamente uguale a se stesso?Mi astengo, per ora, da ogni conclusione.

A parte la furia iconoclasta che ancora me la devo immaginare, Padovan e sua mamma, una volta tanto, hanno ragione!
Basta con gli sprechi, basta con il doping amministrativo e le plusvalenze inventate ad arte.
La Juve ha intrapreso la strada giusta: se non hai il grano, se vuoi i grandi nomi... chiedi alla Nike loro te li comprano!
Nella foto: Padovan, la mamma e un amico in preda ad una furia iconoclasta.

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