23 maggio 2008

Merdoglio


CLAUDIO COLOMBO Cosa è l’orgoglio per definizione? Eccessivo sen­so della propria differenza dagli altri? Oppu­re fierezza, senso della propria dignità, vanto? L’orgoglio è (anche) uno dei sette peccati capitali che però può diventare virtù. Secondo Massimo Moratti presidente-padrone dell’Inter campione d’Italia, figlio di Angelo che seppe vincere tutto per davvero, orgoglio è uno scudetto conseguenza di uno tsunami giuridico-sportivo. Scudetto per un campionato (non) vinto con l’Inter terza, staccata di quindici punti dalla Juventus campione. Cioé la virtualizzazione forzosa di una involontaria vitto­ria. Siccome l’orgoglio non ha bisogno di un oggetto, un qualcosa di cui sentirsi orgogliosi (nella fattispecie lo scudetto non scudetto), sarebbe stato bello che quel surrogato di trionfo in contumacia si fosse tra­sformato nel gesto sublime: la remissione dopo l’ul­tima conquista, quella vera. Come da consigli di uno dei saggi che illo tempore quel titolo contribuì ad assegnare per meriti non proprio acquisiti sul campo. Quindici punti di distacco significano qual­cosa di più che una ingiustizia assoluta. Significa­no anche qualcosa d’altro. A prescindere dai (su­perflui quindi protervi) maneggi di altri. Si è orgogliosi quando si ha qualcosa da perdere e di converso umili quando c’è qualcosa da guada­gnare. Perché dopo una contesa anche a colpi proi­biti, il prepotente meno sopportabile è quello che pretende l’applauso, comunque e ovunque. Perché sbagliare è umano, dare la colpa agli altri ancora di più. Oppure pretendere d’essere orgogliosi. Per forza. Per uscire dalla metafora ed entrare nello specifi­co, l’orgoglio (non la protervia) in assoluto non è anelito a voler primeggiare con ogni mezzo, poiché si può essere orgogliosi per una sconfitta, sofferta però bella e farsene una ragione. Come l’utopia che non tiene conto delle lezioni del passato, subi­sce il presente e sogna un futuro che non vivrà. Senza dover andare troppo a ritroso nel tempo, un esempio d’orgoglio l’hanno offerto Manchester United e Chelsea, ier l’altro nella notte di Mosca, al culmine d’una partita in cui ha vinto il calcio e (idealmente) nessuno ha perduto. Orgoglio è la ca­rezza di Cristiano Ronaldo, l’ultimo fenomeno, a Bobby Charlton il sopravvissuto alla tragedia di 50 anni fa. Orgoglio è la gioia fanciullesca del sessan­taseienne baronetto Alex Ferguson al quarantesi­mo trionfo personale. Orgoglio sono le lacrime di Terry capitano coraggioso che però ha condanna­to la ciurma sbagliando il rigore decisivo. L’orgo­glio di chi non ha bisogno di un qualcosa di cui sen­tirsi orgoglioso.

Ragazzi questi hanno toccato il fondo e poi hanno cominciato a scavare.
Il problema è che stanno scavando sopra la fossa biologica e trovano solo merda.

Ricapitolando
1) poichè la Juve aveva accomulato (anche barando) 15 punti sull'Inter (stiamo ovviamente parlando dello scudetto assegnato a tavolino) allora quello scudetto non si sarebbe dovuto assegnare perchè evidentemente la Juve era più forte dell'Inter.
Come se durante ai 100 metri piani alle Olimpiadi i primi due fossero i più forti al mondo, ma tuttavia beccati dopati da far paura, l'oro non venisse assegnato al terzo, probabilmente più debole, ma non dopato.

2) Orgoglio non significa voler vincere con ogni mezzo ma rivaleggiare ad armi pari con gli avversari, con onore e vinca il più forte.
Questo bel comandamento, caro Claudio Colombo, mi faccia la cortesia: lo giri in casa Juve.
Grazie.

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