30 marzo 2007

Il buon Padovan c'è la tira.


LETTERA A MORATTI QUATTRO BUONE RAGIONI PER NON FARE ILVICE ABETE GIANCARLO PADOVAN

Egregio Presidente Moratti, come non Le sarà sfuggito, appena sette giorni fa e sempre dalla prima pagina di Tuttosport, Le ho de­dicato una breve riflessione in forma epistolare di so­stegno e solidarietà, dopo la pubblicazione della no­tizia sulle minacce spedite alla sede dell’Inter. Non Le ho scritto perché mi rispondesse, meno che mai pubblicamente, ma con la certezza che mi avrebbe letto e, almeno nel caso specifico, apprezzato. E’ per questo che mi sento di osare ancora. Questa volta, addirittura, per sbilanciarmi in un consiglio. E’ vero che quelli non richiesti – come il mio verso di Lei – so­no i meno graditi. Tuttavia Le chiedo un’eccezione: lo ascolti, ci pensi e decida in modo che a trarne van­taggio sia tanto Lei quanto il club che sta guidando, con pieno merito, al primo scudetto sul campo dopo 17 anni. La possibilità che Lei, Presidente Moratti, possa es­sere candidato, e con ottime percentuali di successo, alla vice-presidenza della Federcalcio circola da qua­si un mese. Molti dicono che la sua presenza al verti­ce assicurerebbe serietà e novità ad una struttura ob­soleta e screditata. Altri, più o meno sulla stessa linea, La vedono interprete di una scelta di rottura rispet­to ad un passato da non ripetere. Sono parole che gra­tificano e di cui andar fieri. Tuttavia – mi scuserà per l’impudenza – io un Moratti nel Palazzo del calcio non lo vedo proprio. E spiego perché. Primo: perché non ha mai lasciato avvicinarvi nep­pure Giacinto Facchetti che pure avrebbe avuto l’am­bizione e le capacità per insediarvisi. Secondo: perché tanto a Giacinto, quanto a Lei, Pre­sidente, non sfuggiva e non sfugge l’inopportunità di un incarico così confliggente con gli interessi del pro­prio e degli altri club. Come avrà notato, ho usato termini che potessero immediatamente richiamare il vituperatissimo conflitto di interessi contro il quale vi siete battuti al tempo della presidenza Galliani alla Lega. E dire che Galliani, regolarmente eletto perché regolarmente votato, altro non era che l’espressione di un gruppo privato (le società per l’appunto) da cui dipende l’organizzazione dei campionati. La Federa­zione, al contrario e a maggior ragione dopo la ri­scrittura delle regole, è ben di più. Terzo: essere il vice di Giancarlo Abete significa si­curamente condividere la gestione con un uomo one­stissimo, preparato, serio, vincente (era lui il capo de­legazione al difficilissimo Mondiale di Germania), ri­spettoso dei ruoli e delle istituzioni. Tuttavia, non è possibile dimenticare che Abete aveva accettato, no­nostante la diversità e la lontananza psicologica e cul­turale, di essere a sua volta il vice di Franco Carra­ro, dal quale avrebbe dovuto raccogliere il testimone a fine 2006. Quarto: seppur dolorosamente, devo ricordarLe, ca­ro presidente, che al momento Lei risulta indagato dalla Procura di Milano per falso in bilancio della sua società. E che, almeno fino a quando l’inchiesta non sarà chiusa, sarebbe elegante astenersi dall’as­sumere incarichi pubblici. Tralascio, ovviamente, le presunte vicende di spionaggio collegate all’affare Te­lecom, di cui ci ha fornito un illuminante spaccato anche la trasmissione Report di Milena Gabanelli so­lo domenica sera. Viviamo in tempi avventurati, ca­ro Presidente, e la prudenza non è mai troppa. Con­viene non lesinarla. Un rispettoso saluto e, come sempre, a presto.

E' vero Gianchi, aspettiamo che almeno il tutto cada in prescrizione (Agricola docet...)

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