6 marzo 2007

Senza parole

ELVIRA ERBI’ (Tuttosport)
TORINO. Alessandro Ma­gno
Del Piero mostra se stesso sul prato Olimpico, segnando triplette, conqui­stando nuovi record. Ales­sandro
Magno
il Macedone è in mostra in città, a Pa­lazzo Madama, fino al 27 maggio, lui che ha conqui­stato il mondo allora cono­sciuto. Un campionato pa­rallelo, fra i due eroi senza tempo. Un confronto fra miti di epoche differenti, eppure con tante analogie, più o meno pallonare, più o meno belligeranti.
Ricordate Achille Del Piero che in certi momen­ti di attesa va sulla collina e valuta, pensa, si concen­tra e poi decide di scendere in campo? L’ira funesta del pelìde Alex scoppiò durante il Mondiale, quando mostrò a tutti il carattere omerico e combattivo ( lui riserva perenne? Giammai). Achil­le d’azzurro vestito, Achille ritrovato in bianconero, Achille dal quale discese l’altro Alessandro, per ra­mo materno ( dalla princi­pessa Olimpiade).
Stessa razza, stessa fac­cia. Da giovani subito alla ribalta: Alex esploso nel Padova, con i boccoli riden­ti, passa alla Juve dove an­cora imberbe, appena di­ciannovenne, mette in om­bra addirittura Roberto
Baggio
il pallone d’oro; al­la morte di Filippo II, suo padre, Alessandro il ven­tenne prese il comando, proclamato sovrano dall’e­sercito, lui che solo tredi­cenne si fece apprezzare come domatore di cavalli. Questione di leadership in­nata, ovviamente. E poi la capacità di condurre il gruppo: la Juve per uno, la falange macedone per l’al­tro. E quell’attenzione ma­niacale per i particolari, la forza interiore, la determi­nazione. Sentite Del Piero il giorno dopo la scoppola rifilata al Piacenza. « L’uni­co errore che potremmo commettere, a questo pun­to, sarebbe quello di abbas­sare la guardia. Non lo fa­remo, non succederà » . E’ la promessa- premessa. « Il ri­torno alla notturna dome­nicale esigeva di non sfigu­rare e così è stato: abbiamo onorato l’impegno della 26 ª giornata sconfiggendo un meritevole Piacenza per ben 4 reti a 0. Certo, gli emiliani avrebbero merita­to un divario meno vistoso per il gioco espresso e le difficoltà che ci hanno crea­to, soprattutto nel primo tempo. Ma, si sa, quando i gol arrivano bisogna pren­derli tutti, soprattutto do­po soli 34’’ o se sono la se­conda tripletta consecutiva in casa... » .
Il rispetto per gli avver­sari, altro elemento in co­mune. Battuti e mai oltrag­giati, perché il peggior ne­mico, alla fine, può diven­tare l’alleato di una un’in­tera esistenza. Alessandro
Magno
il Macedone che raggiunge anche l’India; Alessandro Magno Del Pie­ro che tocca il vertice con la Juventus ( Champions Lea­gue e Intercontinentale) e l’Italia ( titolo mondiale la scorsa estate).
In campo e in battaglia con la stessa intelligenza. La tattica di Alessandro l’altro era chiara: aprire dei varchi nella fanteria nemi­ca, lasciando poi spazio al­la cavalleria per spezzare l’esercito persiano, permet­tendo alla falange di cari­care con le sarisse e porre fine alla lotta. La tattica di Alessandro questo è identi­ca: magari si nasconde per parecchi minuti, faticando ad emergere nel tourbillon del ritmo di B, poi all’im­provviso diventa padrone della situazione, i compa­gni bianconeri lavorano per lui e lui colpisce inesorabil­mente, da fermo, in movi­mento, con la classe che lo sorregge, adesso trenta­duenne capocannoniere ca­detto ( « Belli i miei gol, ve­ro?
Meno male che ho già chiuso il libro... » ) .
All’apice, eppure sempre in discussione, gli eroi no­stri. Il condottiero, quando decise di unificare in un sol popolo Macedoni e Persia­ni, cominciò a divenire in­viso ai più. Monarca divino e non più terreno, un po’ fuori quadro e fuori con­trollo. Il capitano, invece, deve sempre dimostrare qualcosa in più, nonostante non avrebbe più nulla da dimostrare; e poi quel rap­porto contrastato con la maglia azzurra, i dualismi veri e presunti, il dialogo improbo con qualche alle­natore ottuso e dalla ma­scella squadrata.
Alessandro 1 e 2, così uguali e così diversi. Per cementare l’amicizia ( for­zata) e l’unione con i per­siani, il figlio di Filippo sposò Statira, figlia di Da­rio. L’ei fu Pinturicchio ha impalmato Sonia la torine­se, lui veneto che regna da quattordici anni sotto la Mole.
Fin qui i parallelismi at­tualizzabili. Poi, Alessan­dro Magno ha lasciato il mondo conosciuto che anco­ra non aveva compiuto i trentatré anni, dopo aver vinto ( pardon, conquistato) ogni popolo che gli si faceva incontro. Alessandro Ma­gno dei giorni nostri, nel momento di grazia, potreb­be... toccarsi. Sì, un gesto scaramantico, perché no­vembre è dietro l’angolo.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

imparato molto