VALENCIA provarci non basta. E ci mancherebbe. Perché provarci è il minimo sindacale per continuare a puntare al massimo. Piuttosto, questa sera l’Inter a Valencia deve fare di più e di meglio rispetto all’andata: deve credere ciecamente nella missione di correggere il risultato pericoloso di San Siro - un pareggio con due reti al passivo - nel catino del Mestalla, che pare sia l’anticamera dell’inferno, come se il Meazza fosse un campo di provincia con le tribune montate sui tubolari. Crederci per provarci, e viceversa: ecco la chiave, tattica oltre che psicologica.
A parte le cazzate sullo stadio (Meazza, gradinate – tubolari), forse il buon Oreggia dimentica che all’andata al Meazza ci sono entrati sogli gli abbonati.
Non importa in che modo e attraverso quali peripezie, se di forza o di scasso, incantando o smoccolando; importa scongiurare l’eventualità dell’eurobocciatura, un disastro di immagine che finirebbe per contaminare l’invasione barbarica del campionato. Diventerebbe automatico, umorale, umano contrapporre la cavalcata trionfale in Italia al rumoroso flop internazionale. E sarebbe scontato infiocchettare il ragionamento pressappoco così: i nerazzurri dominano da noi per assenza di avversari, poi però appena escono dai sacri confini si scontrano con una dura realtà e affiorano antichi limiti. Mezza Penisola se ne farebbe beffa, Moratti non sopravviverebbe.
Minchia che tragedia, chissà cosa ha passato allora la Juve con il disastro d’immagine planetario provocato dalla “triade”!
A parte questa ennesima cazzata, credetemi se l’Inter dovesse uscire stasera contro il Valencia nessun interista si ammazzerà. Il campionato italiano lo stiamo dominando con sicurezza disarmante e l’unica cosa che si attende stasera il popolo nerazzurro è una prova con le palle, diversa dall’ultima uscita spagnola.
Ci basta questo con buona pace di Tuttosport.
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