ELVIRA ERBI’ (Tuttosport)
TORINO. Alessandro Magno
Del Piero mostra se stesso sul prato Olimpico, segnando triplette, conquistando nuovi record. Alessandro
Magno il Macedone è in mostra in città, a Palazzo Madama, fino al 27 maggio, lui che ha conquistato il mondo allora conosciuto. Un campionato parallelo, fra i due eroi senza tempo. Un confronto fra miti di epoche differenti, eppure con tante analogie, più o meno pallonare, più o meno belligeranti.
Ricordate Achille Del Piero che in certi momenti di attesa va sulla collina e valuta, pensa, si concentra e poi decide di scendere in campo? L’ira funesta del pelìde Alex scoppiò durante il Mondiale, quando mostrò a tutti il carattere omerico e combattivo ( lui riserva perenne? Giammai). Achille d’azzurro vestito, Achille ritrovato in bianconero, Achille dal quale discese l’altro Alessandro, per ramo materno ( dalla principessa Olimpiade).
Stessa razza, stessa faccia. Da giovani subito alla ribalta: Alex esploso nel Padova, con i boccoli ridenti, passa alla Juve dove ancora imberbe, appena diciannovenne, mette in ombra addirittura Roberto
Baggio il pallone d’oro; alla morte di Filippo II, suo padre, Alessandro il ventenne prese il comando, proclamato sovrano dall’esercito, lui che solo tredicenne si fece apprezzare come domatore di cavalli. Questione di leadership innata, ovviamente. E poi la capacità di condurre il gruppo: la Juve per uno, la falange macedone per l’altro. E quell’attenzione maniacale per i particolari, la forza interiore, la determinazione. Sentite Del Piero il giorno dopo la scoppola rifilata al Piacenza. « L’unico errore che potremmo commettere, a questo punto, sarebbe quello di abbassare la guardia. Non lo faremo, non succederà » . E’ la promessa- premessa. « Il ritorno alla notturna domenicale esigeva di non sfigurare e così è stato: abbiamo onorato l’impegno della 26 ª giornata sconfiggendo un meritevole Piacenza per ben 4 reti a 0. Certo, gli emiliani avrebbero meritato un divario meno vistoso per il gioco espresso e le difficoltà che ci hanno creato, soprattutto nel primo tempo. Ma, si sa, quando i gol arrivano bisogna prenderli tutti, soprattutto dopo soli 34’’ o se sono la seconda tripletta consecutiva in casa... » .
Il rispetto per gli avversari, altro elemento in comune. Battuti e mai oltraggiati, perché il peggior nemico, alla fine, può diventare l’alleato di una un’intera esistenza. Alessandro
Magno il Macedone che raggiunge anche l’India; Alessandro Magno Del Piero che tocca il vertice con la Juventus ( Champions League e Intercontinentale) e l’Italia ( titolo mondiale la scorsa estate).
In campo e in battaglia con la stessa intelligenza. La tattica di Alessandro l’altro era chiara: aprire dei varchi nella fanteria nemica, lasciando poi spazio alla cavalleria per spezzare l’esercito persiano, permettendo alla falange di caricare con le sarisse e porre fine alla lotta. La tattica di Alessandro questo è identica: magari si nasconde per parecchi minuti, faticando ad emergere nel tourbillon del ritmo di B, poi all’improvviso diventa padrone della situazione, i compagni bianconeri lavorano per lui e lui colpisce inesorabilmente, da fermo, in movimento, con la classe che lo sorregge, adesso trentaduenne capocannoniere cadetto ( « Belli i miei gol, vero?
Meno male che ho già chiuso il libro... » ) .
All’apice, eppure sempre in discussione, gli eroi nostri. Il condottiero, quando decise di unificare in un sol popolo Macedoni e Persiani, cominciò a divenire inviso ai più. Monarca divino e non più terreno, un po’ fuori quadro e fuori controllo. Il capitano, invece, deve sempre dimostrare qualcosa in più, nonostante non avrebbe più nulla da dimostrare; e poi quel rapporto contrastato con la maglia azzurra, i dualismi veri e presunti, il dialogo improbo con qualche allenatore ottuso e dalla mascella squadrata.
Alessandro 1 e 2, così uguali e così diversi. Per cementare l’amicizia ( forzata) e l’unione con i persiani, il figlio di Filippo sposò Statira, figlia di Dario. L’ei fu Pinturicchio ha impalmato Sonia la torinese, lui veneto che regna da quattordici anni sotto la Mole.
Fin qui i parallelismi attualizzabili. Poi, Alessandro Magno ha lasciato il mondo conosciuto che ancora non aveva compiuto i trentatré anni, dopo aver vinto ( pardon, conquistato) ogni popolo che gli si faceva incontro. Alessandro Magno dei giorni nostri, nel momento di grazia, potrebbe... toccarsi. Sì, un gesto scaramantico, perché novembre è dietro l’angolo.
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2 commenti:
quello che stavo cercando, grazie
imparato molto
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